Echinacea

echinacea purpurea

Echinacea purpurea – 2 luglio – il cespuglio principale

echinacea purpurea

Echinacea purpurea — 11 giugno

Ecco dunque le mie piante di echinacea, stupenda asteracea dalla grandi virtù officinali. Le due più grandi (immagine a sinistra) vengono da un vivaio della Val d’Aosta e le ho acquistate alla fiera di Lucca alla fine di marzo di quest’anno. Ma è la più piccola (sopra e sotto) la pianta del miracolo. L’avevo comprata, quasi un regalo, alla fine di settembre 2011 da una piccola azienda erborista di Giusvalla (Savona). Nel vasetto, accanto alle foglie di echinacea, c’era una piantina di non-ti-scordar-di-me (Myosotis) che nessuno, nè la venditrice nè io, aveva avuto il coraggio di estirpare. Per qualche tempo sembrava che le piantine crescessero insieme, ma le dure gelate di febbraio le avevano schiantate. All’inizio della primavera era ricresciuto un rigoglioso e verdissimo cespuglio, dalle foglie allungate e pelosette. Si trattava tuttavia del non-ti-scordar-di-me che aveva preso il sopravvento e si era anche moltiplicato, mentre l’echinacea sembrava scomparsa. Terminata la fioritura del non-ti-scordar-di-me, quando ormai avevo da tempo perso le speranze di rivederla, tanto che me ne ero procurata altre due piante, ecco che nel centro del cespuglietto quasi secco spunta un energico germoglio, lungo e affusolato, inconfondibile echinacea. Estirpato il non-ti-scordar-di-me, ormai al termine del suo ciclo e che comunque si era ampiamente riprodotto, ecco la mia terza echinacea, finalmente fiorita.
Nel frattempo, è doveroso aggiungere, il piccolo non-ti-scordar-di-me non solo è sopravvissuto, ma ha colonizzato l’aiuola, anzi l’intero giardino.

echinacea purpurea

Echinacea purpurea — 2 luglio — la piantina di Giusvalla

 

Camomilla

matricaria chamomilla

Matricaria chamomilla

Ho anch’io la mia camomilla, deliziosa damigella scapigliata, cresciuta in abbondanza fra la cosmea e l’erba San Pietro (tacetum balsamita). Ho già cominciato l’essicazione dei suoi numerosissimi capolini, che emanano un caldo profumo, attraverso il naso fino al palato. Se la incontro fiorita, ovunque, non può essere difficile riconoscerla da quella sua inconfondibile fragranza.
matricaria chamomilla

Matricaria chamomilla

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Senecio vagabondo

senecio pterophorus

Senecio pterophorus

Sulla copertina del mio nuovo libro ‘cult’ “Elogio delle vagabonde (Erbe, arbusti e fiori alla conquista del mondo)” del grande e sempre controverso Gilles Clèment c’è solo un piccolo fiore, fra erbe dorate, contro il cielo limpido e sterminato. Un fiorellino da niente, stelo rossiccio e eretto, foglie grassocce, capolini gialli.
E’ proprio il senecio comune, Senecio vulgaris (8 febbraio 2009), una delle piante più tenaci e onnipresenti della nostra terra. Fiorisce dodici mesi l’anno e non ci sono ambienti che gli resistono. Il genere senecio è vastissimo e comprende specie convenzionali, come appunto S.vulgaris e specie bizzarre, come il S. rowleyanus, il senecio a collana (vedi 16 novembre 2009) che tutto farebbe pensare meno che a una margherita gialla (possiedo la pianta da diversi anni, ma confesso che, ahimè, non l’ho ancora vista fiorire).
Fra le specie importate, noto è il S.inaequidens, specie sudafricana, che si è diffusa molto velocemente nel Nord Italia e si è già conquistata una pessima reputazione, invadente, tenacissima, soppianta ogni pianta autoctona, tossica per il bestiame e chi più ne ha più ne metta. Molto affine sembra questo S.pterophorus, anche lui di origine sudafricana, entrato in Europa dalla Spagna e da Barcellona verso la riviera. Era veramente una presenza dominante sulle colline alle spalle di Imperia, ieri 8 giugno, durante una breve escursione fra Dolcedo e Sanremo. Non lo conoscevo e sarebbe facile confonderla con S.inaequidens. Ma non è lei, le foglie sono diverse, il portamento ancora più invadente, se possibile. Grazie all’insostituibile aiuto della squadra di actaplantarum, l’invasione gialla delle colline imperiesi oggi ha un nome.

Carlina raggio d’oro

carlina corymbosa
Nell’arido sottobosco di novembre, si elevano gli irsuti capolini della carlina, secchi, ma ancora a loro modo fiammeggianti. Intoccabili, in ragione delle spinosissime foglie.
Il nome di questo fiore si vuole derivi da Carlo Magno, che la leggenda vuole abbia usato queste piante contro la peste, oppure, più prosaicamente, significa semplicemente ‘cardina’, cardoncella ovvero piccolo cardo. Qualsiasi sia la vera origine di questo nome (ovvio che io preferirei Carlo Magno), questo è un po’ il ‘mio’ fiore, perchè mi chiamo Carla, detta Carlina quando ero bambina, sono nata in novembre, anzi proprio il giorno 2, cioè oggi, e so di essere un tantino spinosa.

Vedi anche 19 agosto 2009. La specie C. acaulis (vedi 16 agosto 2008) è ricercata per composizioni ornamentali.

Assenzio selvatico

Assenzio selvatico
L’assenzio selvatico è un’artemisia molto comune, che mancava nella mia raccolta, accanto alle artemisie coltivate del mio giardino, assenzio e dragoncello (27 luglio 2008), e a specie meno diffuse, come l’artemisia di campo.  E’ un’erba magica come l’assenzio maggiore, anche se meno aromatica.

 

Fotografata nei pressi del mitico ponte Gobbo di Bobbio, anche detto ponte vecchio o, ovviamente, ponte del Diavolo, sul fiume Trebbia.

Tagete

tagetes patula
Questa pianta, originaria del Messico, si chiama anche garofano d’India. Un po’ snobbata dai giardinieri sofisticati, quasi fosse leggermente ‘pacchiana’ e certo troppo ‘ordinaria’, a me invece è molto simpatica, perché vivace, allegra e generosa. Ancora più simpatica adesso che ho scoperto che crescendola vicino alle carote le difende dai parassiti. Non vedo l’ora che sia primavera per metterla a dimora nell’aiuola delle carote, rossa arancione come le loro radici.

Qui cresceva in un aiuola vicino al bordo della strada nel borgo di Brugnello, comune di Corte Brugnatella (PC), un luogo molto particolare, a picco sul fiume Trebbia che domina, severo e aggraziato, dall’alto.

Rudbeckia

Rudbeckia fulgida
Una splendida asteracea perenne di origine americana, simile all’echinacea al quale genere veniva attribuita in passato. Ma i colori sono molto diversi, la rudbeckia è una margherita con dentro i colori dell’autunno. Sulla specie, ho al solito qualche dubbio, ma mi pare di poterla chiamare Rudbeckia fulgida

Stevia

stevia rebaudiana
Questa modesta pianticella delle asteracee, qui ancora priva di fiorellini (peraltro abbastanza insignificanti), neppure molto attraente, sta vivendo il suo momento di gloria. In realtà di fama ne aveva già conquistata parecchia da molti anni, come salutare sostitutivo dello zucchero, privo di qualsiasi controindicazione. Usata come dolcificante nella sua zona d’origine, l’America del Sud, è sempre stata ricercatissima, ma bandita dall’Unione europea fino all’anno scorso per scrupoli nei confronti dei suoi componenti attivi, la rebaudiosite A e la stevioside, in dubbio di cancerogenicità. Ora i principi attivi sono stati assolti e la pianta ha fatto il suo ingresso trionfale nel mercato vivaistico. Credo non ci fosse venditore di piante alla fiera annuale Frutti antichi di Paderna (PC) che non proponesse la stevia. E il successo non è mancato di certo dato che è sufficiente assaggiarne una fogliolina per rendersi conto che è davvero molto molto dolce. Per il resto, che non abbia nessun effeto collaterale (diabete, apporto calorico, carie ecc) bisogna crederci, e magari io pure ci credo. Ma non l’ho comprata. Purtroppo è una pianta che non sopporta il freddo e non sopravvive all’esterno nei nostri climi. E a dirla tutta, nonostante le controindicazioni, come dolcificante naturale preferisco il miele di castagno.