Geum urbanum
Il geo è una piccola rosacea, gialla come la potentilla (26 marzo e 23 aprile 2009) che infesta il mio giardino. Quando la scopro, erbaccia fra le erbacce, mi piace e mi commuove perchè sembra un ranuncolo, anche se non lo è. E’ più gentile di un ranuncolo, più dolce. E’ una pianta eretta, con foglie ampie, e fa uno strano frutto, una specie di palletta irsuta, fatta di barbe rossiccie che terminano ad uncino.
Geum urbanum – frutto
Ha molti nomi volgari, cariofillata, ambretta, garofanaia, benedetta o semplicemente geo, italianizzazione del nome scientifico Geum. I nomi volgari, quasi tutti, le affiancano l’aggettivo ‘comune’ per sottolineare che non è pianta nè particolare nè rara. Diffusa davvero ovunque, nei boschi e lungo le siepi, in Italia e in Europa, in lungo e in largo per la fascia temperata del vecchio mondo. Il nome specifico urbanum starebbe invece ad indicare la sua preferenza per i luoghi antropizzati.
Nonostante sia così comune e diffusa, se ne trova poca traccia nei libri per dilettanti. Così, prima di fare veramente la sua conoscenza, l’avevo incontrata addirittura all’orto botanico di Roma, un giardino meraviglioso che non disdegna di mostrare generi e specie delle piante più comuni e familiari e ne avevo riconosciuto le foglie nelle prime rosette della primavera.
Le sue proprietà officinali sono ampiamente descritte nella letteratura scientifica in fitoterapia. Fra gli usi tradizionali più documentati, vi è l’impiego della sue radici, dal gradevole e caratteristico profumo di chiodi di garofano, come febbrifugo e antinfiammatorio, ma anche astringente intestinale e antidolorifico. La medicina popolare europea utilizzava questa pianta anche contro i tremori della vecchiaia, legati forse a un incipiente malattia di Parkinson. E la medicina moderna allora interroga ancora Geum urbanum alla ricerca della chiave delle sue noscoste proprietà. Studi recenti suggeriscono che estratti alcoolici di tutta la pianta hanno la proprietà di sciogliere le fibrille di α-Synucleina, una proteina che forma aggregazioni maligne nei neuroni dei malati di Parkinson*. Dato che il ruolo nella malattia di queste fibrille, e dei loro derivati, i corpi e i neuriti di Lewy, non è ancora perfettamente compreso, forse non è ancora giunto il momento di coltivare praterie di geo per curare il morbo di Parkinson. Se lo faremo un domani non è dato saperlo, ma così procede la scienza, fra analogie e intuizioni, qualche volta, anche se più raramente di quanto desidereremmo, verso il successo.
*Lobbens et al. Mechanistic study of the inhibitory activity of Geum urbanum extract against α-Synuclein fibrillation. Biochim Biophys Acta. 2016 1864(9):1160-1169 doi: 10.1016/j.bbapap.2016.06.009.