Veronica Occhi della Madonna

Veronica chamaedrys

Veronica chamaedrys

Le minute pianticelle che rispondono al nome di Veronica sono numerose, somiglianti e diverse fra loro, anche piuttosto comuni, modeste, tenere, eppure assolutamente magnifiche. Bisogna ingrandire l’immagine (cliccateci sopra) per cogliere quella pennellata di indescrivible azzurro che ha meritato a questo fiorellino il nome di “occhi della Madonna”. Un azzurro così intenso e perfetto, tutto racchiuso in pochi millimetri. Queste veroniche fioriscono in primavera, quando l’erba comincia a ritrovare il verde della stagione propizia, da aprile a giugno.

Molto simili le altre specie, che già avevo descritto nel vecchio blog, ma che riporto qui per confronto.

Veronica cymbalaria, dai fiori bianchi, deve il suo nome alla somiglianza con un’altra pianticella selvatica dai fiorellini deliziosi, la cymbalaria muralis (16 marzo 2009). Stessa la famiglia, in precedenza  Scrophulariaceae, poi Plantaginaceae, secondo la moderna classificazione APG. Simili le abitudini, di fiorire quando è ancora inverno, fra gennaio e marzo, e di abitare sui muretti, agli orli della strade, o in piccoli anfratti terrosi, anche in piena città, dentro un vaso di coccio abbandonato, ai piedi di una porta sprangata. Dappertutto.
Veronica serpyllifolia
Veronica persica è esotica e più sfacciata. Ama i colori forti, un blu viola elettrico e fiorisce tutto l’anno.
Più ricercata e particolare, pur nella sua disarmante semplicità, è la veronica a foglie di timo, estiva come l’altra pianticella da cui prende il nome, il timo serpillo (28 giugno 2008). Veronica serpyllifolia , slanciata ed eretta, ha infiorescenze (racemi) strette, formate da decine di fiori, situate verso la sommità del fusto. Il fiore ha il petalo in alto più grande degli altri (particolarità presente in altre specie di veronica) e tutti i petali hanno striature azzurro scuro sul celeste pallidissimo dello sfondo.

Termino in bellezza con la magnifica veronica acquatica, che trovate qui
Veronica cymbalaria
Veronica persica

Cardo saettone

Carduus pycnocephalus

Carduus pycnocephalus

Lungo tutte le  strade, locali,  provinciali,  statali e autostrade,  c’è una terra di nessuno, un ciglio, un bordo, una spalliera da nulla dove sbocciano in primavera moltissimi fiori.  Liberi e spavaldi,  incuranti del traffico e delle miriadi di automobili, che, affannate e distratte, sfrecciano loro accanto.  E a me piace l’idea di scendere dal mio cavallo di latta,  e percorrere un poco quella strada inesistente per guardare i fiori.

Ecco un cardo proprio comune, bello e inavvicinabile.  Lungo fino a 80 cm, esile, cresce dovunque in questa stagione, sui ciglii e negli incolti, punteggiandoli del rosa violaceo dei suoi densi capolini.   Il cardo saettone è un fiore che non teme nulla, armato come è di difese, lucide, acuminate, spine che lo attraversano, orlano i suoi steli sottili, sormontano le foglie lanuginose. Non credo che nessuno, a mani nude, potrebbe mai pensare di coglierlo. Eppure anche questa pianta è nell’elenco delle foglie commestibili, medicinali, da foraggio, nei tempi quando la spazzatura era l’ultimo dei problemi della famiglia, perchè davvero non si buttava via nulla.

Il termine cardo, dal latino carduus,  è probabilmente derivato dal greco κάρδος cárdos, essere duro o forseἄρδις árdis pungiglione, punta dello strale.  Quando l’involucro secco, così irto di adunchi pungenti, diventava un attrezzo  utile per districare la lana, nacque il verbo cardare.

Col nome comune di cardo si indicano moltissimi generi pungenti di disparate famiglie botaniche.  Alle asteracee appartiene  Carduus, ma anche Cirsus, Echinops,  Carlina, Galactites (30 aprile 2010),  Scolymus (1 luglio 2009) e molti altri ancora. Invece il più importante cardo dei lanaioli  (Dipsacus fullonum, vedi 30 luglio 2009),  è della famiglia delle Dipsacaceae (oggi peraltro confluita nelle Caprifoliaceae) e vi sono cardi perfino fra le ombrellifere (Apiaceae)  come la calcatreppola (Eryngium campestre – 12 settembre 2009). Come dire, di cattivi soggetti il mondo è veramente pieno.

 

Scilla autunnale

Prospero autumnale

Prospero autumnale

Chi l’ha detto che solo la primavera è fiorita? Straordinarie le fioriture e le rifioriture di settembre, nell’aria tiepida e tersa, nei prati arruffati, tornati disordinatamente verdi dopo le piogge di fine agosto, sotto gli alberi sfatti dalla fatica dei frutti.

Questo genere, e moltissimi altri, che avevo frettolosamente e un po’ distrattamente collocato fra le liliaceae, sono oggi inseriti nelle asparagaceae.
Il prospero autumnale assomiglia talmente alla scilla (vedi 16 aprile 2009) che non è un errore molto grave chiamarlo proprio così.

Hosta fiorita

Hosta

Hosta

Torno sul blog dopo quasi un anno e saltello fra foto nuove e foto vecchie, nuove sollecitazioni e antichi rimpianti. Questa è una foto dell’anno scorso, scattata all’orto botanico di Lucca che ospitava una mostra di hosta.
Sono fiorite anche le hosta del mio giardino, abbondanti e delicate. Ma che fatica difenderle dalle lumache! Avevo cominciato con la birra, che confermo funziona, ma mi pareva uno spreco. Mi è toccato, mio malgrado e con enorme riluttanza, usare un veleno.
E’ per me un mistero come le lumache e le chiocciole abitino l’insalata, e le bietole, e tante erbe ancora, senza divorarle, mentre le stesse possano distruggere una pianta di hosta cibandosene per un paio di giorni. Avevo tre hoste dalle foglie cangianti, me ne sono rimaste due e davvero ho dovuto difenderle.

Erba cornacchia iride

Sisymbrium irio - Erba cornacchia iride

Sisymbrium irio – Erba cornacchia iride

Accanto alla più famosa erba dei cantanti (Sisymbrium officinale), l’erba cornacchia per antonomasia, in città cresce, indisturbata, quest’altra erbetta a fiori gialli, con lunghe silique ondeggianti  oltre i fiori. La chiamerò erba cornacchia iride che è il nome italiano più accreditato, accanto a sisimbrio iride, che aiuterebbe a semplificare le cose, ma non so quanto diffuso. L’ho incontrata su un marciapiede lercio di spazzatura e polvere grigia, protesa e slanciata con superba sfacciataggine, contendendo il misero humus fra catrame e cemento alla onnipresente parietaria.

 

Falsa ortica purpurea

Falsa ortica purpurea

Lamium purpureum – Falsa ortica purpurea

Queste piante si sono meritate il nome di falsa ortica per la forma delle foglie che, specialmente quando non sono ancora fiorite, possono ricordare quelle della più celebre ortica. Ma, come avevo già descritto nel caso del lamio maculato (Lamium maculatum, 14 marzo 2009) con l’ortica propriamente detta hanno davvero poco a che fare. Innanzitutto non sono orticanti, quindi niente paura se vengono sfiorate o manipolate. Appartengono poi a tutt’altra famiglia, le labiate, cosidette per la forma a labbra imbronciate dei loro fiori, mentre l’ortica fa parte delle urticeae. Recentemente, le famiglie delle piante sono state rinominate sostituendo i nomi intuitivi e di fantasia con denominazioni derivate dal membro più significativo, e le labiate sono diventate Lamiaceae, proprio in onore del Lamium considerato l’esponente più caratteristico. E così questa piantina modesta, di umili virtù officinali, è diventata il simbolo di una sterminata famiglia di nobilissime erbe commestibili e aromatiche, comprende il rosmarino, il basilico, il timo, la santoreggia e la salvia.
La falsa ortica purpurea ha piccoli fiori rossi e foglie che all’apice si tingono proprio di purpureo.

Olmo di pianura

Olmo

Olmo -- Ulmus minor

Quest’albero imponente, detto olmo campestre, si chiama Ulmus minor non certo per le sue dimensioni, che sono assai ragguardevoli e ne fanno uno degli olmi più grandi, ma per le foglie che sono più piccole di quelle dell’altra specie comune nel nostro territorio, Ulmus glabra, olmo montano.

Ipomea d’autunno

Ipomea purpurea

Ipomea purpurea

Rosea, anzi purpurea, con grandi foglie cuoriformi, l’ho seminata per anni per godermi le larghe campanule lussureggianti che si aprono quando il calore e la luce del sole sono meno intensi. D’estate, soltanto il mattino presto e talvolta la sera. Non la semino più, ma ormai cresce dappertutto, e la scopro ad allungarsi sul prato ancora oggi, quando ormai l’autunno ha sconfitto l’ultima foglia del cachi.