Erba perla azzurra

buglossoides purpurocaerulea
Questo fiore azzurro, spalancato e brillante nel sottobosco di Noceto (Isola del Cantone, Ge), mi pareva somigliare moltissimo alle pianticelle perenni, famiglia boraginacee, che ho comprato da poco per far crescere nei vasi gemelli in cima alle scalette di casa. Infatti sono piante della stessa famiglia, boraginacee, e questa Buglossoides purpurocaerulea si può anche chiamare Lithospermum purpurocaerulea, mentre Lithodora è il nome delle pianticelle che ho comprato. Queste piante, come la saponaria di ieri, prediligono i terreni calcarei e, mentre i fiori sono davvero molto somiglianti, le foglie dell’erba perla azzurra dei boschi sono più grandi, lunghe e larghe e lucide, mentre la Lithodora dei vasi ha foglie sottili e appressate. Vagando fra le varie immagini del web, trovo addirittura cheLithodora e Lithospermum sono quasi sinonimi. La vera caratteristica che le rende uniche è racchiusa in quel nome che comincia con ‘litho’, dal greco pietra. I semi di queste piante sono infatti racchiusi in frutti, detti nucule, coriacei e compatti, di aspetto e consistenza simile a pietroline. Se non li sorprendo nel bosco, spero almeno di scovarli nella Lithodora dei miei vasi. I fiori del Lithospermum di Noceto hanno sfumature rosa e violette prima di schiudersi, e a questo si deve l’aggettivo specifico di purpurocaerulea.

Saponaria rossa

Saponaria rossa
Avevo incontrato questa piccola, deliziosa, saponaria di montagna nel giardino botanico di Pratorondanino, e certo non mi aspettavo di scoprirla così sfacciatamente invadente, con i suoi spessi cuscinetti rosa, spuntare un po’ dappertutto fra i sassi, sulla roccia e nelle pieghe dei sentieri, nel rado bosco di Noceto (Isola del Cantone, Ge), carpini neri (ostrya carpinifolia, 11 giugno 2008) e noccioli (corylus avellana, 21 settembre 2008), qua e là un maggiocciondolo (laburnum alpinum, 29 maggio 2008) con i suoi pendagli gialli, e naturalmente maestosi noci (juglans regia, 26 agosto 2008, carichi di fiori. Era tutta un’esplosione di fioritura anche nel bel mezzo di un rigagnolo, probabilmente un piccolo affluente del torrente Vobbia.
La saponaria rossa o montana, forse non altrettanto efficace della sua sorella maggiore (saponaria officinalis, 1 agosto 2009) per le proprietà detergenti, ma pur sempre ricca di saponine, deve il nome specifico, ocymoides al fatto che assomigliarebbe, non so bene come e perché, al basilico (ocimum basilicum).

Dedico così un po’ di rosso (rosso nel nome e rosa carico nei fatti) a questo primo maggio che ci concede un sole caldo da primavera in esplosione, un’ombra fresca, prati verdissimi e fioriture esuberanti. Non tradisce la natura, a dispetto della nostra presunzione di essere in grado di modificare persino gli equilibri atmosferici. Più incerto e traballante è il nostro futuro di uomini, in una stagione confusa e insanguinata, in questo uguale comunque ad tante altre primavere umane.

Aglio con podalirio

Allium sp

 

Nuove fioriture nel giardino e nuove visite

Podalirio era uno dei figli di Asclepio, più noto come Esculapio, a sua volta figlio di Apollo e dio della medicina, ed era fratello del più celebre Macaone. Ai due fratelli sono dedicate due fra le più belle farfalle italiane, Papilio machaon e Papilio podalirius (sinonimo Iphiclides), e delle due il podalirio è forse la più affascinante. Lo ammetto, sono recidiva, non ho saputo resistere alla tentazione di mostrarla di nuovo, come avevo fatto il 31 luglio 2009, sulla vedovina a testa bianca. Ma incontrarla è sempre una grande emozione e poichè dove ci sono fiori, ci sono farfalle, merita un posticino anche lei in questo blog. Gli appassionati di farfalle girano armati di retini e spilli entomologici, io soltanto di una macchina fotografica. Senza nulla togliere alla nobile arte di collezionare farfalle, preferisco così, vederle libere, imparare a prevederne le mosse, ma soltanto per immobilizzarle sul mio sensore, non per trafiggerle in una scatola.
All’Allium (un regalo di Irena, la mia amica polacca) non so dare un nome certo. Quelli ornamentali, che sfoggiano grandi teste di stelline rosa si chaimano Allium gladiator oppure Allium giganteum, ovvero ancora A.flatunense e via dicendo. In generale, sempre, aglio ornamentale.

(Foto Luca Sacconi)

Valerianella

valerianella locusta

Insalatina dal sapore zuccherino e vagamente piccante, gradita ai palati più raffinati, anche detta songino, sarsetto o sarjettu, gallinella o dolcetta.
Avremmo dovuto consumarla già da molti mesi perchè, generosa e vanitosetta comè, cresce d’inverno e si intristisce soltanto quando il freddo è davvero intenso. Non l’abbiamo mangiata per una serie di circostanze non troppo felici e favorevoli (niente di grave, per carità, sono uno spiacevole contrattempo). Senza scomporsi nè offendersi,i credo anzi con letizia, è andata in fiore, corimbi di fiorellini bianchi, quasi invisibili. Raccoglierò i semi per riprovare a gustarla l’anno prossimo.

(con grande sconforto apprendo che la famiglia delle valerianacee non esiste più, ma che tutte , ma proprio tutte le valeriane, compresa la valeriana rossa, centranthus ruber (15 agosto 2008), appartengono secondo APGIII, ovvero la terza classificazione del Angiosperm Phylogeny Group, alle caprifoliaceae. Ma a dire il vero preferisco non farmi deviare dalla retta via e cercherò di imparare una classificazione per volta).

— rinnovato impegno a completare tutti i post senza parole il più presto possibile, nonchè aggiornare l’indice, e magare renderlo un po’ più scorrevole … ma forse non è il caso di lasciarsi prendere la mano con le promesse —

Crocettona comune

cruciata laevipes Che dire di questa pianticella minuta, a dispetto del nomignolo accrescitivo che le ha riservato la fantasia, che i manuali definiscono con un eufemismo ‘poco appariscente’, dai fusti lanuginosi e i fiori microscopici?
La famiglia delle Rubiaceae è una delle più numerose e popolate nell’ambito delle angiosperme (oggi dette magnoliophyta), ma quasi tutte le specie di questa famiglia vivono nelle regioni tropicale e subtropicali. Così nelle regioni temperate, le rubiacee sono rappresentate da piccole piante di poca presenza, come la robbia selvatica, 24 giugno 2009, onnipresente nella macchia mediterranea, e i vari esponenti del genere galium (vedi per esempio il caglio attaccaveste, 13 maggio 2009, e il caglio zolfino), tanto diffusi quanto inosservati.
In ‘Usi e tradizioni della flora italiana’*, la trovo menzionata soltanto come erba da pecore e come vermifugo. D’altronde non esiste erba, tranne forse quelle veramente, ma veramente, tossiche, che non avesse per la civiltà contadina un qualche utilizzo. Io per me sono contenta di avere fatto la sua conoscenza, in quello strano pezzo di parco che è il sentiero fluviale del Magra, a Sarzana (La Spezia).

* P.M.Guarrera, Aracne Ed. 2006

Frassino

fraxinus excelsior
I popoli nordici veneravano il frassino come una sorta di albero cosmico attorno al quale ruotavano gli dei e la vita stessa e il frassino è centrale protagonista di molte sagre del Nord e leggende vichinghe. E doveva essere questo frassino, il Fraxinus excelsior, e non certo una delle altre specie che crescono in Italia, l’orniello, Fraxinus ornus (5 maggio 2008) e il Frassino meridionale, Fraxinus angustifolium (11 aprile 2010). In tutti e tre i casi si tratta di alberi a foglia caduca, che però dovrebbero essere distinguibili anche d’inverno per il colore diverso delle gemme. Il frassino propriamente detto ha gemme nere o comunque molto scure; l’orniello ha gemme brune e ricoperte di peluria, mentre il frassino meridionale ha gemme di colore marrone chiaro, quasi nocciola.
Avevo già catalogato gli altri due, e mi mancava proprio il titolare, quello che si riconosce senza aggettivi. Amante degli ambienti umidi, l’ho incontrato nel parco fluviale del Magra (La Spezia), un grande albero dalla morbida chioma ovale e groppi di samare già quasi mature.

Sedum palmeri

sedum palmeri
Ecco un altro sedum che sa dare grandi soddisfazioni a chi se ne prende cura. E peraltro di cura ne richiede assai poca, pronto a fiorire ogni primavera sfruttando al massimo lo scarso terriccio, anche inaridito che si ritrova. Lo incontro dappertutto, su balconi e terrazzi, sporgente lungo i muri e abbandonato nelle fessure della pietra. I fiori sono quelli classici della borracina rupestre (2 dicembre 2008), gialli come stelle luminose e splendenti.
Ne avevo un bel vasetto, generoso e fecondo, cresciuto da una piccolissima rosetta. L’ho perso a causa di uno sfortunato incidente domestico (gli operai che riparavano il tetto lo travolsero con il catrame bollente). Ora propago il sedum spectabilis* (quest’anno ne ho fatto sei vasetti), ma aspetto l’occasione propizia per rifarmi il palmeri.

* 20 agosto 2009, vedi anche 21 novembre 2009 e 31 ottobre 2010

Peonia

paeonia
Devo dirlo subito, le mie peonie non hanno fatto alcun fiore neanche quest’anno. Alla fine dell’inverno, almeno una delle due sembrava ben intenzionata, aveva fabbricato un bocciolo tondo tondo, ma poi niente, è seccato prima di sbocciare. Forse sono giovani, forse non sono abbastanza nutrite, forse non sono abbastanza felici. Per quest’anno devo farmene una ragione e allora sono andata in giro a curiosare nei giardini degli altri alla ricerca di peonie fiorite. Ne avevo viste tante, di sfuggita, ma la fioritura delle peonie può essere molto breve e oggi ne ho trovato una sola. In un giardino ben recintato. Così, sporgendomi oltre la rete, con il tele, ma sempre troppo lontana, l’ho fotografata, alla bell’e meglio, sperando di non suscitare sospetti astiosi nel proprietario del giardino. Sperando che non uscisse di casa con il fucile (cosa non proprio così improbabile).