Un nuovo arrivo nella mia personale collezione di alberi e arbusti. Non l’avevo mai vista e non è poi così frequente incontrare un nuovo albero senza spostarsi troppo da casa. Qui siamo nel parco fluviale del Magra, vicino a Sarzana (La Spezia) e l’ambiente è sufficientemente diverso dai lecceti e castagneti che frequento abitualmente. Lei, comunque, è un’esotica e avventizia, stessa storia di tante altre, era stata importata dall’America come pianta ornamentale e poi si è riprodotta con esuberanza, tanto da farsi guardare con un certo sprezzo e bollare da infestante. Rispetto ad altri ‘invasori’ (e penso all’irriducibile ailanto, 25 agosto 2008), ha dalla sua una fioritura cospicua e lussureggiante, di colore violetto, che le ha meritato il nome volgare, non troppo cortese, di indaco bastardo. La foglia assomiglia molto a quella della robinia, che è comunque un’altra immigrata, e della stessa famiglia delle fabaceae.
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Gli alberi quando fioriscono: noce
Il noce è una pianta monoica, come molti alberi ha fiori unisessuati. Molto appariscenti sono gli amenti maschili, penduli, di colore dal verde al bruno, che producono il polline. I fiori femminili sono piccoli, alla sommità del ramo.
Il noce è un grande albero, sacro e regale, di nome (juglans significa ghianda di Giove) e di fatto; vedi il post del 26 agosto 2008
Latte di gallina
Finalmente faccio la sua conoscenza ravvicinata. Anche se la pianta non è certo rara, non l’ho incontrata spesso, forse perchè nei prati vicino a casa non comunissima, forse perchè la sua fioritura è breve. Quel che è peggio, avevo erroneamente dato il suo nome a un altro fiore bianco simile, il lilioasfodelo o giglio di San Bernardo. Per farmi perdonare, quando l’ho incontrato, ieri sulle sponde del fiume Magra, l’ho riconosciuto subito. Il suo nome è davvero singolare, Ornithogalum significa proprio ‘latte di gallina’, a causa del lattice biancastro negli steli. Con buona pace delle galline, che latte non hanno prodotto mai, per nessun motivo, impegnate come sono a fabbricare uova. Talvolta lo trovo soprannominato cipollone bianco, nome che tuttavia non credo gli si addica. I suoi bianchi fiori stellati, raccolti in infiorescenze a ombrello, si spalancano al sole e chiudono discretamente nell’ombra e nella penombra.
Questo fiore appartiene, mi dicono, alla famiglia delle Asparagaceae. Ma come ho già detto altrove, per agli, asparagi e compagni, la famiglia tradizionale era quella della Liliaceae. Anche se studi più recenti hanno approfondito la sua parentela, a un piccolo giglio assomiglia, e giglio rimane.
Senape selvatica
Che pasticcio queste brassicacee! Sembrano piante così innocue, morbide e semplici. Semplificano la vita con i loro quattro petali opposti, bianchi o gialli, talvolta viola o lilla, ma sempre inconfondibili. Però quando si tratta di identificarle per bene, con genere e specie, è roba da professionisti. Questa sinapis arvensis, senape selvatica, potrebbe anche essere un raphanus raphanistrum (ravanello selvatico), oppure … Per riconoscere le brassicacee pare sia indispensabile visionare anche il frutto maturo, quelle silique che sembrano bacelli (ovviamente agli occhi dei super profani) e che sono glabre (non pelose) e a becco nella senape, e fortemente strozzate fra un seme e l’altro, nel caso del ravanello.
Accanto a questa pianta cortesemente visitata dall’impollinatore, ce n’erano molte altre, uguali, e già impollinate a dovere, con lunghe silique arcuate, senza peluria … quindi senape sia.
Nella stessa giornata, nello stesso ambiente, il parco fluviale del Magra (La Spezia), trovo almeno altre tre brassicacee gialline che non so bene come collocare. E pensare che la maggior parte delle persone le chiamerebbero tutte broccoletti.
Aglio triquetro
Fra i numerosi agli selvatici, è questo uno dei più caratteristici e aggraziati, con i suoi fiorellini a campanula, pendenti in piccole ombrelle asimmetriche, trattenute fino alla piena fioritura da una membrana verde traslucida che si chiama spata. I petali sono candidi con una striatura mediana verde. Cresce in gruppi numerosi, punteggiando di bianco le sponde erbose di stradine e fossati.
Il nome è abbastanza impronunciabile, avrei preferito un generico aglio selvatico per evitare il problema. Comunque si chiama così a causa della caratteristica sezione tringolare dei suoi steli. L’avevo incontrato a frotte l’anno scorso in Sardegna e l’ho ritrovato nel parco fluviale del Magra (La Spezia).
L’aglio, nelle molte sue specie, ma poi soprattutto quella diventata “sativa” cioè coltivata, è pianta nota e utilizzata per le sue qualità terapeutiche fino dall’antichità, dagli egiziani e dagli ebrei della Bibbia, fino alle civiltà del medioevo e del rinascimento occidentale. Nonostante il sapore pungente, non a tutti gradito, è molto indicato contro l’ipertensione e per la prevenzione dell’aterosclerosi, come batteriostatico e antimicotico.
L’aglio era classificato nella famiglia della Liliaceae, poi brevemente attribuito a una famiglia più specifica, tutta sua, le Alliaceae e definitivamente inserito da APG III nelle Amaryllidaceae.
Violacciocca marina
Non è una pianta selvatica, ma coltivata in un giardinetto di Gonnoscodina (Oristano) e fiorita nell’aprile dell’anno scorso. Però assomiglia come una goccia d’acqua alla viola marina che cresce sulle spiagge, o comunque non lontano dal mare, nel centro sud e isole. Così mi butto e la identifica come matthiola tricuspidata, anche se Gonnoscodina proprio sul mare non è. Con il nome di violacciocca si chiamano diverse piante delle brassicaceae, dalla graziosa ed esuberante fioritura primaverile. Le trovo molto belle e sono molto orgogliosa della matthiola incana (5 giugno 2009) che ho piantato nel mio giardino (vedi 5 febbraio 2011), pianta perenne dai fiori viola intenso molto più grandi di quelli di questa m.tricuspidata. Mi piacciono incredibilmente anche le violacciocche gialle (erysimum cheiri, 21 marzo 2010), che vorrei seminare in futuro recuperando i semi dalle piante di un mio vicino. E anche se in Liguria non c’è, sarebbe carino riuscire a crescere anche questa piccola meraviglia, in morbidi cuscinetti setosi, negli angoli delle aiuole.
ps — nell’elenco dei buoni propositi, c’è l’aggiornamento di tutti i post che ho lasciato indietro senza commento o con commenti insufficienti. Spero, spero di riuscirci entro questa settimana !!
Sonaglini
Conosco questa pianta fin da bambina ed è impossibile non rimanerr colpiti dal suo flessuoso portamento. La brezza più leggera la agita e la scompiglia e anche se non emette proprio alcun suono, sembra davvero che possa cominciare a tintinnare da un momento all’altro.
La famiglia è quella delle graminaceae, poaceae per gli studiosi, i cui membri sono in genere assai difficili da riconoscere e la loro identificazione richiede una certa cultura di botanica. Ma la briza, lei è inconfondibile, con le sue spighette dorate a forma di cuore.
Questa fotografia è stata scattata in Sardegna, campagna della Costa Smeralda, aprile 2010. Ma i sonaglini abbondano in tutti i nostri prati.
Lillà
Sono molto affezionata a questa pianta che, seppure non originaria, anche se occasionalmente spontaneizzata nelle nostre campagne, è così comune nei giardini da essere diventata veramente ‘una di noi’. Sboccia a primavera, pallidamente violetta oppure sorprendentemente bianca, con le sue pannocchie dense in mezzo alle foglie cuoriformi verde tenero. La fioritura è essenzialmente primaverile e non dura molto a lungo. Il colore è intenso, ma discreto. Molto più discreto di quello della lagerstroemia, nuova arrivata e usurpatrice (parziale) del nome di lillà, che però fiorisce molto più tardi, all’arrivo dell’estate.
Io sono affezionata alla syringa e la cerco avidamente fra aprile e maggio. L’ho rincorsa domenica scorsa e per fotografarla ho dovuto confrontarmi con la diffidenza della proprietaria del giardino, che voleva sapere perchè mai stessi fotografando proprio la sua casa. Così la foto non è granchè; non ero soddisfatta dello scatto, ma non me la sentivo di replicare. Com’è dura la vita del fotografo senza secondi fini …
Fiori di melo
Il melo, un po’ come il castagno, è un albero a cui bisogna essere molto riconoscenti.
Questo piccolo gruppetto di fiori è il primo regalo di un piccolo melo che cresce nel mio giardino. Si tratta di un alberello della varietà melannurca, di origine campana. Una mela del Sud, quindi, che però oso sperare non si troverà male neppure qui su da noi.
Ho intrappolato quest’immagine quasi di corsa (il quinto petalo c’è, ma non si vede) per avere anche quest’anno un piccolo segno della grande fioritura della stagione, la fioritura delle rosacee da frutto. Breve, luminosa, perfetta. Fra qualche settimana sarà tutto finito, purtroppo. Lo spettacolo si replica ogni anno dalla fine di marzo alla fine di aprile. Non mancate.
Becco di gru malvaceo
Non è tempo di grandi viaggi e neppure di scampagnate. Mi accontento di qualche passeggiatina vicino a casa, tanto in questa stagione qualche fiore quasi nuovo lo scovo ancora. Ecco su un muretto di pietra lucida un’altro esemplare della famiglia dei ‘trampolieri’, le piante che hanno frutti a forma di becco d’uccello. L’Erodium ha frutti davvero lunghissimi, riuniti in gruppi di quattro o cinque. Più lunghi di quelli del Geranium, il geranio propriamente detto, e del Pelargonium, o geranio africano, la pianta che orna davanzali e balconi di tutto il mondo. Questa specie ha foglie rotondeggianti e lobate che gli hanno meritato l’aggettivo di malvaceo. Fiorisce per tutta la stagione corolle violette, semplici e delicate come gli altri suoi parenti (come il becco di gru comune e le altre geraniaceae).