Il primo sabato di sole da almeno due mesi, forse più. L’aria è frizzante e il sole fa un giro breve e veloce sull’orizzonte. Ci avviciniamo a grandi passi al giorno più corto dell’anno.
Dopo queste giornate buie e gelate, mi sorprende ritrovare ancora tanta vita in giardino. La splendida camelia hiemalis (3 gennaio 2010, vedi anche 24 novembre 2008) è tutta coperta di fiori. Persino il solanum (24 agosto 2008) e le bocche di leone (26 settembre 2009) non hanno smesso di fiorire. Altre piante, più metodiche preparano le bacche. Fra queste il mio piccolo mirto, un nuovo arrivato nell’aiuola più assolata, ha due bacche blu fra le lucide foglioline.
Essenza caratteristica della macchia mediterranea, il mirto, insieme all’alloro è pianta celebrativa che esprime gioia e trionfo. E non solo, il mirto ricoperto di candidi fiori rappresenta l’amore. I suoi rametti profumati venivano posti in mezzo al corredo dalle fanciulle in cerca di marito, come auspicio di incontrare un compagno buono e fedele. Le bacche oltre che per preparare il celebre liquore sardo, sono usate per aromatizzare la selvaggina.
Nerina
Devo proprio dedicare questo post a mia sorella, che si chiama Nerina. Mia sorella conosce molte cose, sa quasi tutto, ma forse ignora che esiste una pianta che si chiama più o meno come lei. Il vero nome di questo fiore è Nerine e viene dall’Africa australe. Certamente il colore nero non c’entra; se mai le Nereidi, ninfe marine dai lunghi capelli, figlie di Nereo.
La nerina è gradevole e raffinata, fiorisce d’autunno e come tutte quelle della sua famiglia, le amaryllidaceae, non si risparmia quanto a fioriture.
Fotografata all’interno del giardino botanico di San Diego, nel Balboa Park.
Metrosideros
A vederlo da una certa distanza, con la sua chioma rotonda, scura, spessa e argentea, mi ha perfino ricordato un leccio. Se la California del Sud si vanta del suo ‘clima mediterraneo’, non dovrebbe essere così bizzarro trovarci un leccio. Ma non è così, in California non crescono lecci e quando mi sono avvicinata e ho guardato da vicino le fronde, ho capito subito che si trattava di qualcosa di molto, molto più esotico. Ancora un albero della Nuova Zelanda, il suo nome in Mahori è Pōhutukawa e appartiene alla famiglia delle Myrtaceae, come gli eucalipti. Nella sua terra di origine, fiorisce in inverno, la bella stagione da quelle parti, coprendosi di una fioritura scarlatta. In questa veste si trova soprattutto raffigurato, ornato di densi ciuffi rossi, che non sono petali, ma stami, e assomigliano molto a quelli del più famoso Callistemon (29 settembre 2008), lo spazzolino per bottiglie, ormai alquanto comune anche da noi. Il Metrosideros excelsa è anche conosciuto come albero di Natale della Nuova Zelanda, un Natale improbabile e sorprendente, che si festeggia sulle spiagge assolate, al quale però non può mancare un albero addobbato di colori. Mi chiedo quando il Metrosideros fiorirà in California, che si trova nell’emisfero boreale. Dovrebbe essere durante l’estate e tutto farebbe pensare che queste strane bacche (che alle ghiande non assomigliano proprio per nulla), siano i frutti. Quest’albero si trova non lontano dal mare, nel Seaport Village di San Diego.
Frassino della Nuova Zelanda
Adesso andiamo davvero sul difficile. Non sarei stata in grado di dare un nome a quest’albero così inusuale senza l’aiuto degli esperti del forum di Dave’s garden, un vastissimo sito dove si trovano veramente tutte le piante del mondo. Ma non era poi così difficile, la famiglia è quella delle sapindaceae, a cui appartengono innanzitutto gli ippocastani (19 aprile 2009, ma vedi anche 10 dicembre 2008, 19 maggio e 8 agosto 2010) e, secondo certe classificazioni, persino gli aceri. Ma i frassini (11 aprile 2010, vedi anche 5 maggio e 27 novembre 2008) no, quelli sono oleaceae. Tuttavia ho scelto il nome volgare di frassino della Nuova Zelanda (inglese New Zealand ash) perchè quantomeno lo colloca nella corretta posizione geografica.
Il suo nome vero però è titoki, il nome che gli hanno dato i Maori, che lo hanno conosciuto per primi. Del frassino ha le foglie composte, anche se curiosamente le foglioline non sono opposte, ma quasi alterne. I più straordinari sono i frutti, che impiegano un anno a maturare. Sono ricoperti di una capsula legnosa che si sfalda lasciando trapelare il frutto rosso e il seme nero, commestibili. Queste bacche colorate nel folto della chioma di un grande albero mi hanno sorpreso nel Balboa park di San Diego, non lontano dalla fontana circolare.
Prugna del Natal
Abbandono decisamente il “chaparral“, per mostrare le meravigliose fioriture esotiche per le strade e giardini di San Diego.
Il nome comune di questa pianta, prugna del Natal, già la descrive a dovere: viene dal Sud Africa e porta grossi frutti carnosi, simili a prugne, e commestibili, benchè altre parti della pianta contengano sostanze tossiche. A maturazione, i frutti sono rosso arancio, e questa pianta ne mostrava molti, ma troppo distanti perchè la mia piccola compatta li mettesse a fuoco decentemente. Mi accontento perciò di questo primo piano dei frutti acerbi della carissa macrocarpa, arbusto delle Apocynaceae, una famiglia che si distingue per la raffinata bellezza e il delicato profumo dei fiori (oltre al comune, ma affascinante e velenosissimo oleandro, penso alla nostra pervinca, 13 maggio 2009, e alle esotiche plumeria, dipladenia e altre ancora). Carissa forma siepi compatte, tappezzanti, come in questo caso, presso il bordo del mare alla stazione di ferry che collegano l’isola di Coronado con il porto di San Diego.
Baccharis
E’ ormai cominciato l’inverno (anche se per il calendario siamo ancora ufficialmente in autunno) con la prima, precocissima, nevicata che corona un’autunno talmente umido, luvego e tristo da non concedere neppure un raggio di sole per le semine. Tutto rimandato all’inizio della primavera, se al cielo (quello astronomico) piacerà. Che tristezza.
Le piante sotto la neve sono un po’ monotone, anche se talvolta affascinanti. Così resterò ancora per un po’ sotto il sole della California.
Le baccharis (dal greco bakkaris, radice profumata, o forse dal dio Bacco, ma non so perché) sono asteracee che crescono in America Nord occidentale e sono presenti in varie specie, alcune endemiche della California meridionale e di quel ‘chapparral’ messicano di cui parlavo qualche giorno fa. In genere il nome comune di queste piante è broom, cioè scopa, perchè il loro portamento è di cespuglio irto e legnoso, adatto a fabbricare scope. E invero, soprattutto b.sarothroides (dal greco saron, scopa) ricordano nell’aspetto le “vere piante scopa” del genere cytisus (come la cytisus scoparium o ginestra dei carbonai) o genista. Le due specie di baccharis presenti a point Loma presentano davvero molte somiglianze: hanno folgie piccole e appuntite, rametti egnosi, fiori a capolino non ligulati ìdi colore bianco o crema. Si tratta di piante dioche, cioè i fiori femminili e maschili si trovano su individui diversi e ciò accresce la variabilità dell’aspetto. Con un po’ di fatica, e qualche perplessità, ho dato un nome alle mie fotografie. Più alta e rigida, molto ‘scopa’ la baccharis sarothroides, presente in tutto il Sud Ovest degli Stati Uniti, fino ai deserti dell’Arizona. Con foglioline appena più rotondeggianti e fiori raggruppati, la baccharis pilularia, purtroppo un po’ ‘bruciata’ sulle punte, è endemica delle coste pacifiche (Oregon, California fino al Messico) ; il nome viene da “pílula”, pallottolina, ed è comunemente nota come coyote bush, cespuglio del coyote.
Tibouchina
Per le strade di San Diego, persino nelle aiuole della Pacific Highway dove si trovava il mio motel, questa pianta tropicale, originaria del Brasile e appartenente all’astrusa famiglia delle Melastomaceae, era davvero assai comune. Il nome deriva dal nome indigeno, ma in inglese viene anche detta princess flower, fiore principessa, o glory bush, cespuglio della gloria, o ancora lasiandra. L’esemplare della fotografie è uno dei più appariscenti e l’ho fotografato a Balboa Park, una vasta area di giardini e musei, un vero paradiso di botanica. I fiori in realtà erano molto più violetti, ma la mia compatta li rende inevitabilmente blu azzurro. Bel colore comunque, anche se differente da come appaiono all’occhio.
Questa pianta è generalmente arbustiva, ma può diventare anche un alberello di 4 – 5 metri di altezza. In Italia si trova nei manuali di giardinaggio (e anche nei siti web dedicati), a volte italianizzata in “tibucina”, come pianta da appartamento (detta anche, non so se è la stessa o specie assai simile t.urvilleana). E sarebbe veramente magnifico poterla avere fiorita in casa, dove sembra si adatti abbastanza facilmente in vaso, su temperature medie, senza sole diretto, sufficiente umidità e assenza di correnti d’aria. Precauzioni queste consigliate per tutte e quante le piante tropicali che abbiamo addomesticato, come placidi gatti da compagnia, all’atmosfera finta delle nostre scatolette abitative. Più lussureggiante la tibouchina all’aria aperta, nei climi miti che lo consentono come quello di gran parte della costa californiana.
Agave di Shaw
Eriogonum fasciculatum
Ancora Point Loma, ancora una pianta caratteristica di quel “coastal sage scrub” ovvero macchia costiera tipica della California meridionale. Piante che gli americani si ostinano a classificare come ‘mediterranee’, perchè adatte a quel clima caldo e a volte siccitoso che si può trovare anche sulle sponde del Mediterraneo.
Questo cespuglio dai densi fiori bianchi, che si tingono di rosso cupo quando sfioriscono, appartiene alla famiglia delle poligonacee, come il romice (rumex obtusifolia, 14 giugno 2009 e rumex acetosa) e la persicaria (13 agosto 2009). Non assomiglia molto alle nessuna di queste due, ma il nome comune americano è California buckwheat e il buckwheat altro non è che il grano saraceno (polygonum fagopyrum), una delle poligonacee più famose e celebrate, il grano di montagna, dai cui semi si fa farina, polenta e pane. E guardando i giovani fiori dell’eriogonum fasciculatum, che sono largamente sfumati di rosa, qualcosa dei fiorellini della persicaria e delle spighette dei fiori di grano saraceno si riconosce. E’ utile tuttavia avere indicazioni di riferimento perchè questo cespuglio legnoso, con le foglie affusolate del rosmarino (in questo davvero molto mediterraneo, quel tipo di foglie trattiene meglio l’acqua, limitando l’evaporazione), ora che i fiori sono tutti bianchi, o tendenti al giallo, difficilmente mi avrebbe fatto pensare a una poligonacea. Quanto alla specie, è curioso, anche la malvacea di ieri era ‘fasciculatus‘, aggettivo che si potrebbe tradurre ‘a fascetti’ e quindi va bene per molte piante davvero. Ragionare sui nomi delle piante aiuta a ricordarli, a volte.
Malacothamnus fasciculatum
E’ una specie di malva, nativa della California meridionale. Il suo nome comune è bush mallow, da noi si direbbe malva della macchia. Il suo ambiente tipico è il chaparral, cioè la macchia mediterranea della coste californiane, o il sage scrub, una vegetazione di arbusti sempreverdi, sorta di brughiera americana. Le foglie del malacothamnus sono larghe, palmate, e persistenti. I fiori sono rosa e durano tutta l’estate. In autunno però ho trovato soltanto dei piccoli boccioli spenti. Pazienza. La pianta è un grosso cespuglio, forma siepi fiorite e dense, attira farfalle e colibrì. Un ottimo elemento anche per un giardino.