Solanum tuberosum – patata a fiori rosa
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Solanum tuberosum – patata a fiori bianchi
Non avevo mai pensato che avrei pubblicato un post sulla patata (Solanum tuberosum), finchè in quel di Montebruno, ridente paese della alta val Trebbia, ho visto questo bellissimo campo di patate dai fiori rosa. Ignoro di che varietà si tratti, ma certo è differente da quelle più comuni, con fiori bianchissimi, e che nello stesso campo sembrano essere leggermente più indietro nella crescita. Il colore che conta, nel caso della patata, è quello del tubero, della buccia e della polpa, mentre il fiore del S.tuberosum non suscita il ben che minimo interesse. Invece io, incuriosita da questa inusuale fioritura, ne prendo spunto per approfondire.
Forse non tutti sanno che la patata
… è il quarto vegetale più consumato al mondo (i primi tre sono il riso, il frumento e il mais), coltivata in oltre cento paesi distribuiti su tutte le latitudini, con le condizioni climatiche più diverse, dalle zone prossime al circolo polare artico fino all’estremità meridionale del continente sudamericano
… è un tubero, ovvero una porzione di caule o fusto (no, non è una radice) di forma allungata e globosa in cui si accumulano sostanze di riserva, i tuberi si trovano sottoterra (no, le patate non crescono appese fra le foglie …) e se ne possono raccogliere numerosi dalla stessa pianta
Targa sulla piazza della chiesa di Roccatagliata (Neirone, Genova)
… fu introdotta in Europa, ovviamente, dagli spagnoli che avevano conquistato il Perù, e arrivò in Italia nel 1584, portata dai frati carmelitani scalzi, proprio a Genova. Da lì passò in Toscana, nelle valli piemontesi, e poi, ad opera dei valdesi, in Svizzera, Austria e Germania. La Liguria fu la prima regione italiana ad impiegare la patata per preparare purè e gnocchi, nel periodo pre e postnapoleonico, ma non fu facile farla accettare ai contadini. Nel 1792, Michele Dondero, parroco di Roccatagliata, un paese dell’alta val Fontanabuona, dovette mangiare un piatto di patate di fronte a tutti suoi compaesani per convincerli a cibarsene. A lui, come pioniere della coltivazione delle patate, è dedicata la piazza del paese e certamente meritevole fu il suo impegno dato che, come lui stesso racconta, le sue patate salvarono molte famiglie dalla fame e dalla dispersione.
…come altre solanacee, contiene diverse sostanze tossiche (glicoalcaloidi), soprattutto nelle parti verdi, nei fiori, nei germogli, nei frutti e nei tuberi che esposti alla luce si rinverdiscono, come difesa all’essere scoperti. La principale di queste tossine è la solanina, che è presente in minima parte nel tubero (meno di 10 mgr per 100 gr) e concentrata soprattutto nella buccia. Mio padre raccontava che nel campo in Pomerania, dove era prigioniero come IMI nel 1944, la fame li aveva spinti a provare ad assaggiare anche le bucce delle rade patate che avevano a disposizione, ma il risultato fu abbastanza disastroso. La solanina provoca gastroenterite, vertigini, tachicardia e crampi.
… nel XV secolo, gli indios che vivevano sugli altopiani andini coltivavano più di 3000 varietà di patate, un tipo di patata diversa per ogni ambiente. La biodiversità assicurava il successo, se una varietà andava male, ce n’era sempre un’altra che poteva salvarsi. Oggi si tendono a usare poche varietà, con il rischio della monocultura, come quella che provocò la grande carestia irlandese del 1845, causata da un’epidemia di peronospora che distrusse tutti i raccolti.
… mentre esistono migliaia di varietà di patate della specie Solanum tuberosum, distinguibili per la dimensione, la forma e il colore dei tuberi (pelle bianca, gialla, bruna, rosa, rossa, viola, nerastra) il colore e la qualità della ‘pasta’ (bianca, rossa, gialla viola) e la tenuta nella cottura, ci sono anche centinaia di specie di patate selvatiche differenti da S.tuberosum, non impiegate per la produzione, ma assai importanti come tesoro di diversità genetica. Infatti esse possono presentare geni di resistenza alle malattie e di adattamento a condizioni ambientali difficili, utili al miglioramento della patate coltivate.