Borracina cinerea

Borraccina cinerea

Sedum dasyphyllum

I Sedum sono piante succulente, cioè grasse, con foglie carnose, a volte piccole e disposte a fiore, oppure oblunghe, rossicce, affusolate e tonde, ma sempre foglie spesse, come lucidi cuscinetti. Ne esistono innumerevoli specie e varietà, da bosco e da giardino, da muro diroccato e da appartamento.
Quest’erbetta grassoccia cresce quasi dovunque e ricopre il margine dei muri sopra i muschi, si abbandona come la chioma di qualche fata grassoccia, addosso ai licheni bianco giallastri con una cascata di foglie minute. Volgarmente, detta borraccina cinerea,  il suo nome vero è Sedum dasyphyllum  e ci spiega un po’ il motivo di quel colore grigio argenteo che assume quando fiorisce, perché dasyphyllum vuol dire a foglie pelose.
Fiera di essere rimasta fedele alla sua identità errante, per caso o per fortuna, capitata abbastanza vicino a un giardino, quello di casa mia, di poter far finta di farne parte.
Non è selvatica, ma inselvatichita. La metterei volentieri in una bassa fioriera, vicino all’uscio di casa, al riparo da pioggia e grandine, ma anche dal riscaldamento. Ha piccoli fiori bianchi a forma di stella con graziose antere che sporgono sulla sommità degli stami come perle rossicce. Come molte piante della sua famiglia (crassulaceae, le piante grasse per eccellenza), ha abitudini assai frugali e vegeta tranquilla e tappezzante anche sui muri aridi, nelle fessure delle rocce, nutrendosi di qualche granello di terra e conservando gelosa tutta l’acqua che le serve nelle grigie foglie carnosette.

Altri post sulle borraccine, cioè Sedum :
2 dicembre 2008
17 febbraio 2009
4 maggio 2010
9 aprile 2011

Kalanchoe fiorita

Kalanchoe daigremontiana

Kalanchoë daigremontiana
Orto botanico di Roma

Kalanchoë daigremontiana

Kalanchoë daigremontiana
fioritura nell’ingresso di casa

E’ passato un bel po’ di tempo da quando ho raccolto i propaguli della foglia di questa pianta, originaria del Madagascar e il cui nome corretto è Kalanchoë daigremontiana, sulle fasce di San Fruttuoso di Camogli, come ho già descritto brevemente in questo post.  Davvero non immaginavo che sarebbe stata così generosa. Fin troppo, direbbe qualcuno.

Il nome popolare americano di questa pianta è ‘Mother of Thousands’ ovvero ‘madre di mille’ e veramente la voglia di proliferare dei propagoli  è dirompente.  Non soltanto attecchiscono subito, generando pianticelle forti e rigogliose,  ma dalle nuove foglie madre si staccano in massa nuovi propagoli  che  germinano velocemente, infestando  con voracità tutti, ma proprio tutti, vasi e vasetti in cui capitano, costringendomi a estirpi massivi per lasciare spazio alle altre piante titolari dell’alloggio.

Nel frattempo ho scoperto che questa Kalanchoë  produce dei bellissimi fiori.  Li ho conosciuti per la prima volta nel 2012, durante una visita all’Orto botanico di Roma, quando ancora i miei propaguli avevano prodotto soltanto fogliame.

In men che non si dica,  la luce e il calore della serra hanno fatto il resto.  Quando la pianta sviluppa un fusto alto e solido, comincia a fiorire.  Cascate di campanelle di un dolce rosa pastello che sfuma nel giallino albicocca, che durano mesi senza palesare segno di stanchezza o disagio.  E meraviglia delle meraviglie, quest’anno un germoglio ha attecchito in un piccolo foro del pavimento della serra ed è cresciuto, cresciuto, fino a farsi tronco e sorreggere anche lui la sua orgogliosa fioritura.

Kalanchoë daigremontiana

K. daigremontiana
cresciuta nella serra

La propagazione asessuata dalla K. daigremontiana è tuttora oggetto di studi, ma per me è soprattutto ammirevole che una pianta che ha propaguli così prolifici si spenda anche in una fioritura così intensa. Esistono specie vegetali che hanno modi di propagazione occulti e casuali, ricercati e improbabili, e specie vegetali che le tentano tutte, ma proprio tutte per riprodursi.

Benchè la K. daigremontiana sia pianta da climi miti, dato che non si spoglia, sopporta un moderato (fino a 5°C) freddo asciutto ed è alloctona casuale e anche naturalizzata in varie regioni dell’Italia tirrenica. Inconfondibile la macchiettatura della sua foglia carnosa, irresistibile l’impulso di rubarle un magico propagulo.

K. daigremontiana ha anche proprietà officinali. Le sue foglie contengono principi attivi simili a quelli delle aloe e vengono impiegate nel trattamento di infezioni e infiammazioni di diversa origine. I componenti più interessanti sono i bufadienolidi, ormoni steroidei che devono il loro nome al fatto che vennero in origine identificati nel veleno del rospo (Bufo). Questi composti hanno proprietà cardioattive, antiallergeniche e anticancro, ma sono anche molto tossici e gli estratti della pianta devono quindi essere assunti con cautela, per periodi brevi.  La pianta viene  utilizzata nella medicina antroposofica per alleviare l’agitazione psichica, l’irritabilità e l’ansia, e nella medicina cinese per alleviare il vomito e la tosse .

Graptopetalum

Graptopetalum paraguayense

Graptopetalum paraguayense

Il suo nome completo è Graptopetalum paraguayensis ed è una pianta grassa piuttosto diffusa in vaso e nei giardini. Diffusa e incompresa, come tante altre della sua razza. Il nome corretto l’ho imparata per caso nel giardino botanico di Roma, quando l’ho incontrata e riconosciuta come un’abitante anche del mio giardino, che sempre avevo scambiato per qualche varietà di  semprevivo (vedi anche 31 ottobre 2008). Effettivamente al semprevivo assomiglia, è comunque della famiglia della Crassulacee, ma viene da più lontano, esattamente dalla stato messicano del Tamaulipas. In inglese ha nomi volgari di ‘Mother-of-pearl-plant’, cioè pianta madreperla e ‘Ghost plant’, pianta fantasma. I suoi fiori sono stelline bianche, piuttosto simili a quelli delle borracine (vedi 4 maggio 2010).

Graptopetalum paraguayense

Graptopetalum paraguayense – fiore

La magia di queste piante, come molte altre crassulacee, è la capacità di rigenerarsi a partire da una singola rosetta, anche malconcia. Anch’io ne avevo raccolto un a rosetta, e l’avevo sistemata in un vaso, ben piantata nella terra, pazientando. Ma  non bisogna aspettare a lungo, nella bella stagione, per vedere le rosette moltiplicarsi, crescere e fiorire. Tuttavia nella stagione più fredda, anche se  mite come alle nostre latitudini, questa piccola pianticella prodigiosa ha bisogno di un po’ di attenzioni. In molti giardini il suo destino è essere sistemata sulle sommità e negli angoli dei muretti di separazione, in vasi di pietra e cemento, in una posizione defilata e definitiva che non gli rende giustizia. L’ho fatto anch’io,  lo confesso,  lasciandola al suo destino in due vasi decorati in cima alle colonnine della scala, dimenticandomela un po’ durante l’inverno.  La pioggia e la grandine l’hanno umiliata parecchio e nonostante l’impegno a riprendersi nel sole della primavera, le ferite nere sulle foglie grassocce non erano un bel vedere. Quest’anno ho provveduto per tempo a ripararle tutte nella serra, insieme al Sedum spectabile e all’Aeonium arboreum, anche quest’ultimo rinato dalle sue rosette.

Crassula falcata

Crassula falcata

Crassula falcata

La maggior parte delle piante del genere crassula ha fiori insignificanti. Ma in questo la crassula falcata fa decisamente eccezione.
Quando ho acquistato questa pianta, mi aveva colpito la forma singolare delle sue foglie, raccolte come un libro sfogliato, e dall’aria così robusta. Che sia una pianta tenace lo dimostra la sua autosufficienza idrica e la caparbietà con cui cresce, in questo simile ad altre succulente. Era rimasta un po’ in disparte, non proprio negletta, ma in osservazione, tanto che mi ero persino dimenticata il suo nome. Ma la fioritura, eccezionale ed assolutamente inaspettata, fitti grappoli rosso arancio in infiorescenze bifurcute, l’ha riportata prepotentemente alla ribalta. Nel frattempo  all’orto botanico di Palermo, ho riconosciuto una sua simile e recuperato il nome.
Indimenticabile adesso, che è di nuovo fiorita e ha anche alcune figlie disseminate nei vasi vicini. Un po’ di pazienza e fioriranno anche loro.

Fiori del Sedum

Sedum burrito

Sedum burrito

 

Bel regalo per il compleanno di Luca, oggi i fiori del Sedum burrito (vedi anche 15 gennaio 2011) in fondo ai lunghi rami rigogliosi di foglie cicciottelle. Ogni foglia caduta sul terriccio dà origine a una nuova, minuscola pianta. Ma cresce assai lentamente. Viceversa gli steli che facilmente si spezzano radicano in acqua molto rapidamente e in breve si può ottenere una seconda pianta.
Sullo sfondo, sfuocate, le foglie del Senecio rowleyanus, il senecio a collana (vedi 16 novembre 2009), che però fiori, ahimè, non ne ha mai fatti.
 
… cliccare sull’immagini per vederla più grande e in un’altra pagina …

Kalanchoe daigremontiana

kalanchoe daigremontiana E’ una crassulacea dalle origini lontanissime, proviene addirittura dal Madagascar. Ma si è spontaneizzata nelle zone più calde della costa mediterranea, come queste fasce ordinate di San Frutturoso di Camogli, a due passi dal mare. Pianta davvero singolare, cresce sulle foglie le sue figlie, generando sulle punte delle piccole propaggini, dette propaguli, che si staccano e cadendo sal suolo mettono radici e danno origine ad un’altra pianta. La sua fioritura porporina è ormai terminata e rimangono i fusti alti e snelli e le foglie grassocce, macchiettate di nero, con le miracolose propaggini fertili. Mi sono messa in tasca due o tre propaguli, e ora se ne stanno in un piccolo vasetto. Vediamo un po’ quanta voglia hanno di crescere.

Sedum palmeri

sedum palmeri
Ecco un altro sedum che sa dare grandi soddisfazioni a chi se ne prende cura. E peraltro di cura ne richiede assai poca, pronto a fiorire ogni primavera sfruttando al massimo lo scarso terriccio, anche inaridito che si ritrova. Lo incontro dappertutto, su balconi e terrazzi, sporgente lungo i muri e abbandonato nelle fessure della pietra. I fiori sono quelli classici della borracina rupestre (2 dicembre 2008), gialli come stelle luminose e splendenti.
Ne avevo un bel vasetto, generoso e fecondo, cresciuto da una piccolissima rosetta. L’ho perso a causa di uno sfortunato incidente domestico (gli operai che riparavano il tetto lo travolsero con il catrame bollente). Ora propago il sedum spectabilis* (quest’anno ne ho fatto sei vasetti), ma aspetto l’occasione propizia per rifarmi il palmeri.

* 20 agosto 2009, vedi anche 21 novembre 2009 e 31 ottobre 2010

Borracina azzurra

sedum caeruleum
Ancora la Sardegna, la Giara di Gesturi nell’aprile 2010.
Sulle rocce ricamate dai licheni, spiccano macchie rosso fuoco di foglie grassocce. E’ una pianta grassa, una delle crassulaceae più comuni, Sedum ovvero borracina. E perchè si chiama azzurra ce lo spiegherebbero i fiori, che ancora non sono arrivati, che sono proprio celeste pallido. Anche il Sedum album, diffuso nelle Alpi, ha foglie dello stesso rosso e fiori candidi.
I fiori delle borracine sono piccole stelle, dal colore pallido e delicato, non solo bianchi o azzurri, ma anche grigio cinere (Sedum dasyphillum, 4 maggio 2010) o più semplicemente gialli (Sedum rupestre, 2 dicembre 2008).

Sedum burrito

sedum burrito
Stanno arrivando i momenti più difficili per questo blog. In mancanza di viaggi tropicali o trasferte a vivai climatizzati, fra qualche giorno dovrò arrendermi al silenzio visivo, al grigio medio implacabile dell’inverno. E anche se le camelie e il broccolo ramoso calabrese in giardino perseverano nella loro fioritura (non nascondo un piccolo compiacimento per l’accostamento azzardato), sono le eccezioni e non la regole; il prato è verde marcio e zuppo, gli alberi spogli o scuri. Ma se riuscirò in qualche modo a salvare il salvabile, e mostrare ancora qualche vegetale, magari assopito, oppure qualche altro che si ostina a stare sveglio, ancora una volta dovrò ringraziare le esotiche, soprattutto quelle rustiche, che allietano questa stagione così triste e spenta.
Questo sedum burrito non scompare come il popolare sedum spectabilis , ma mantiene foglie e portamento per tutto l’anno, se il gelo non lo uccide. Lo tengo, insieme ad altre succulente, al riparo nella ‘bussola’, una verandina davanti alla porta di ingresso. Ha foglie cicciottelle, come piccoli palloncini, raccolte a spirale fitta sui lunghi rami. Il portamento è ricadente ed adatto a guarnire panieri appesi. Durante il rinvaso, o semplicemente il trasporto, le foglioline cascano giù a frotte, ma si può sistemarle tutte quante sulla superficie della terra, perchè spesso radicano, dando origine a nuovi germogli e grassi rami penduli.
Non so perchè questa deliziosa pianticella si chiami burrito, parola certamente messicana, come il suo paese d’ origine. Insomma, non credo priprio che c’entri il burrito nel senso della tortilla arrotolata e ripiena; più probabilmente il burro, che in spagnolo significa asino. Infatti leggo su Wikipedia che il sedum morganianum, che al sedum burrito assomiglia parecchio, in inglese è soprannominato ‘burro’s tail’ o ‘donkey tail’, in sostanza coda d’asino. Ma quanta fantasia vedere una coda d’asino in questi rami grondanti di foglioline fitte come semi sulle pannocchie.

Crassula ovata

crassula portulacea
Fiorisce d’inverno questa succulenta dalle foglie rotondeggianti. Può diventare piuttosto imponente e ramificata, e le foglie carnosette sono rossicce ai margini. Nonostante il nome (crassula portulacea o ovata sono sinonimi) ha poco a che fare con la portulacaria afra, che ha foglie più piccole e appartiene addirittura a una diversa famiglia.

Ecco che cosa mi suggerisce Federica, un’esperta di succulente nel forum di giardinaggio.it per aiutarla a fiorire

Questa pianta deve stare all’aperto in pieno sole finché la temperatura lo consente. Si ritira in casa il più tardi possibile, quando il temometro scende a 7- 5 gradi, quando le foglie cominciano a schiarire, a colorarsi per il freddo, quello è il momento…. In casa poi ha bisogno di molta luce, poca acqua, solo quando la terra è asciutta. Va collocata a circa 1 m dalla finestra. Verso metà novembre compaiono i boccioli e per Natale è fiorita.

Fiorellini di buon augurio nel pieno della brutta stagione.
Fotografata sul davanzale di una casa a Nervi (Genova), gennaio 2011.