Croco giallo

Crocus chrysanthus

Crocus chrysanthus var Saturnus gold

Nell’ultimo dei giorni della merla, il periodo più freddo dell’anno, il sole splende a tratti e l’aria è frizzante. L’inverno è nel suo culmine e davvero ancora non lo ha ancora raggiunto. Nevicate a febbraio e inizio marzo sono comuni nella nostra memoria. Ma alcuni fiori hanno già percepito che le giornate hanno smesso di accorciarsi. Anzi, si stanno allungando. Per questi crochi dorati, arrivati addirittura dalla Polonia, è ora di sbocciare. Giallo intenso, da stordimento e petali perfetti.
L’inverno, forse arriverà da domani, portando neve e bufera. Ma per loro, che brillano come sole in mezzo alle foglie secche, per loro è già finito.

Si tratta di una varietà da giardino che ho attribuito, non so se correttamente, alla specie chrysanthus, che non è spontanea nella nostra flora. Fiorisce così precocemente nell’inverno che viene anche detto ‘croco della neve’. Si ibridizza facilmente con il Crocus biflorus che ha caratteristiche simili ed è spontaneo in Liguria e in tutta l’Italia. Molte varietà in commercio sono effettivamente ibridi di biflorus e non saprei certo dire nulla di preciso rispetto alla mia varietà, di cui mi è stato tramandato solo il nome pienamente meritato di “Saturnus gold”. Certo si tratta di un fiore semplice e generoso, che sopporta di essere dimenticato per quasi 11 mesi all’anno per mostrarsi così unico e impavido quando quasi nessun altro osa.

Altri fiori temerari:
Iberide perenne

Fitolacca

Phytolacca americana

Phytolacca americana

Autunno fango e colori. Autunno fulmini e fuoco. Autunno tripudio di bacche, fulgide nel diluvio. Ci svegliamo in mezzo alla nebbia, di fronte un muro d’acqua compatto, umidi fin dentro l’anima, sulla terra madida e molle. Talvolta le nuvole si aprono sul bosco, che è già scuro. Ma a tratti rosso. Per questo cerco i colori e li trovo soltanto nei frutti.

Dopo l’evonimo, ecco la fitolacca, una neofita invasiva, dal nome si capisce da dove viene, ormai naturalizzata, che infesta cortili e fossati, ruderi, rivi e scarpate con affascinante aggressività. Una volta ho scambiato i suoi vigorosi germogli per piante di peperone, dato che peperoni avevo seminato. Li ho trapiantati con cura nell’orto prima di accorgermi dell’errore. Ora la strappo senza pietà non appena la immagino. Ma non le serbo rancore. In fondo mi è simpatica e la trovo anche bella. Con le sue pannocchiette (tecnicamente racemi) di fiori bianchi e verdi (ma non sono petali, piuttosto elementi sepaloidi) che si fanno bacche lucide verdi poi porpora poi nere. Dalle bacche si ricava tintura e la pianta, pur certamente tossica, è officinale, era usata dagli indiani d’America per vari usi medicamentosi e a tutt’oggi è studiata per possibili proprietà antivirali e antitumorali.

Altre immagini della fitolacca:
in campagna, 17 agosto 2008, e in città
e due immagini di una sua una cugina da parco, la fitolacca dioica, foglie e frutti.

Liquidambar, l’americano

Liquidambar styraciflua

Liquidambar styraciflua
San Diego – California

Questo bell’albero, ormai comune in parchi e giardini, è originario dell’America settentrionale, fra il Canada e il Messico. Il suo nome suscita sempre curiosità. Ha un suono arabeggiante, ma in realtà deriva dallo spagnolo. Significa ‘ambra liquida’, a causa della resina molto fluida, che gli indigeni americani usavano come antiparassitario. Quest’albero ha belle foglie palmate, quasi a forma di stella, profumate di incenso che assomigliano a quelle degli aceri, ma da queste si distinguono perchè sono alterne e non opposte.
Qui mi pare giusto mostrarlo nel suo paese di origine, anche se ormai è diventato cittadino del mondo.
Ho fotografato queste piante giovani (a sinistra) nel novembre 2010 a San Diego, gradevolissima città della California del sud. Anche se il liquidambar non fa parte della vegetazione originaria della West Coast, si è felicemente adattato a questo clima fresco e soleggiato, all’aria leggera che parla di grandi spazi e oceani infiniti. Un’altra immagine di questi variopinti virgulti si trova qui.

Liquidambar styraciflua "Rotundiloba"

Liquidambar styraciflua “Rotundiloba” Washington DC

Rosso fuoco nell’autunno anche il suo fratello incontrato a Washington (a destra), più vicino alle sue origini, ma ancora più lontano dal suo ambiente perchè veramente nel centro di una metropoli. Quest’esemplare di liquidambar è diverso dagli altri e non l’avrei riconosciuto senza l’aiuto degli esperti di un forum americano sulle piante Dave’s Garden. Questa varietà si chiama “Rotundiloba” perchè i lobo delle sue foglie, invece di terminare a punta come nella varietà più comune sono arrotondati.

Con questo post voglio cominciare a riprendere alcun foto del vecchio blog per dar loro nuova visibilità.
Queste e altre foto del liquidambar si trovano in questi post:
25 novembre 2008
18 novembre 2009

I colori della Lagerstroemia

Lagerstroemia indica

Lagerstroemia indica in agosto

La lagerstroemia è una pianta esotica della famiglia della Lythraceae, l’attributo indica suggerisce correttamente che venga dall’Asia. Ma il colore dei suoi fiori ricorda un poco il più tradizionale lillà (syringa vulgaris, famiglia della Oleaceae) , così da averne, talvolta, usurpato il nome. Ma syringa fiorisce, con grazia di giovinetta, in primavera, mentre lagerstroemia fiorisce, con sfacciato entusiasmo, in piena estate.

Lagerstroemia indica

Lagerstroemia indica in ottobre

 

 

 

 

 

 

 

 

Questa pianta ama i colori forti. Perduti gli sgargianti fiori lilla di agosto, sotto le vuote, secche spighe, le foglie cambiano colore e assumono una tonalità arancione acceso. Una fiammata prima di andarsene via.

(per favore, selezionate le immagini per vederle nelle dimensioni giuste)

Visite per la lantana

lantana sellowiana

Lantana sellowiana

L’autunno è ormai alle porte, come ci racconta l’aria frizzante, i colori cangianti della foglie, e la penombra del precoce tramonto. Nel nostro tempo ormai quasi solo tecnologico, l’inizio dell’autunno è segnalato dall’ordine superiore di spostare di un’ora indietro le lancette dell’orologio in una notte di ottobre.
Soltanto una settimana fa, questa sfinge colibrì si affacendava senza sosta sugli abbondanti fiori della lantana in fondo al giardino. Questa falena, il cui nome vero credo sia Macroglossum stellatarum non si posa mai, ma le sue ali si agitano senza sosta, portandola di fiore in fiore a infilare la sua spirotromba in fondo alle corolle per succhiare il nettare. Proprio fatti per lei i fiori della lantana, con petali concresciuti a tubo, esili, ma profondi.
Ho imparato a diffidare dei lepidotteri, fra cui si annoverano individui pericolosissimi, capaci di generare miliardi di bruchi famelici. Credo (spero) che le sfingi colibrì siano innocue da questo punto di vista. Le avevamo già viste all’opera nelle sere d’estate sulle belle di notte (Mirabilis jalapa, 18 settembre 2009). Ma questi fiori sono stati spazzati via velocemente delle tempeste di inizio ottobre. Invece resiste la lantana, pianta originaria del Sud America e dalla generosa fioritura che può durare fino ad autunno inoltrato. Anche se il vento le ha spezzati alcuni rametti, la pianta ha gradito la pioggia abbondante e ha ripreso la fioritura che si era quasi arrestata a fine settembre. La lantana è un’esotica della famiglia della verbenaceae, da non confondere con Viburnum lantana, caprifoliacea, che si può incontrare al limitare dei nostri boschi.

vedi anche 8 novembre 2009

Fiori d’ottobre: solanum

Solanum jasminoides

Solanum jasminoides

Ho anch’io il mio solanum da giardino, due piante che spero possano ancora sopravvivere all’inverno. E’ già il secondo anno che fioriscono, dall’inizio dell’estate all’autunno inoltrato. Nei vasi, anche se ampi, ci stanno un po’ stretti e soffrivano la sete, perchè la terra si asciugava rapidamente. Hanno gradito quindi l’abbondanza delle piogge e ora non si risparmiano i fiori, cascate di corolle bianche dalle sfumature azzurre e lilla. Si allungano e abbarbicano alla ringhiera con intenzione precisa. Tutto come le attese.
(vedi il post del 13 agosto 2011)

Solanum melongena

Solanum melongena
Melanzana

Di tutt’altro carattere le melanzane, tozze e tenaci. Quest’anno sono state molto generose nonostante la stagione inclemente. Grandi amanti del caldo, non si accasciano mai neppure nel sole più feroce. Non mi aspettavo che resistessero imperterrite, continuando a fiorire anche in questo fradicio autunno, quando i loro cugini pomodori, Solanum lycopersicum, sono finiti da tempo e ho già eliminate le piante. La melanzana, Solanum melongena, non è americana, ma viene dall’India, e in Europa è arrivata soltanto nel 1500. I suoi fiori sono attraenti, hanno corolle ampie e di colore lilla acceso, più grandi di quelle di S.jasminoides. Ma poco si fanno notare perché sono rivolti all’ingiù, pendono sotto le foglie dai robusti piccioli che si preparano a reggere il peso dell’ingombrante frutto (vedi anche 17 luglio 2008). Non spero davvero di incrementare il raccolto, ma mi lusingano quei fiori, tardivi e coraggiosi.

La famiglia della solanacee comprende molte specie commestibili e altre, forse di più, velenose e tossiche. Anche la melanzana, come la patata (Solanum tuberosum), non è molto salutare e digeribile da cruda. Il nome deriva dal latino “sólor” io consolo, “solamen”, conforto, perché, con la dovuta cautela, molte solanacee hanno proprietà medicamentose.

Zafferano

crocus sativus

Crocus sativus

Questo post poteva intitolarsi ‘i fiori se ne fregano’ ovvero ‘i fiori sono più forti di tutto’. Quando viene il loro tempo e la natura chiama, non stanno mica a guardare per il sottile, se sia il momento più adatto, se le carte sono in ordine, se veramente conviene, e che cosa ha fatto il vicino. Quando arriva il momento, sono pronti e basta. Sbocciano.
In questi giorni, da queste parti è piovuto molto. Abbiamo visto cascate dove erano semplici mucchi di pietre, maestosi temporali hanno illuminato a giorno la notte, la grandine ha falcidiato la cicoria e i cavoli. Il giardino, sotto il diluvio, sembrava una palude, e i germogli spuntavano appena nelle pozze. Ora che l’acqua è defluita lentamente, e la terra è umida e intrisa, ma è tornata terra, il crocus sativus, il fiore rosso degli dei, lo zafferano, è fiorito.
Il fiore dello zafferano contiene tre fili di color rosso vivo, gli stigmi, che sono le propaggini ultime del pistillo, il fiore femminile. In questo fiore si intravedono appena, ma a maturazione sono lunghe propaggini arcuate che bisogna cogliere al momento giusto, in una mattina asciutta, prima che appassiscano con la corolla. Perchè proprio dagli stigmi si ricava la polvere preziosa, la spezia, ricca di sostanze benefiche. Una polvere scarna, timida e vulnerabile, troppo facilmente contraffatta. Si può per esempio mescolare con il polline giallastro delle antere, la parte maschile del fiore che, curiosamente, sono in questo caso soprannominate ‘femminelle’, in un’espressione quasi dispregiativa per indicarne lo scarso valore. Perchè il polline non è zafferano e allo zafferano neppure lontanamente assomiglia.

crocus ligusticus

Crocus ligusticus
foto di Carla- Monte Treggin
ottobre 2002

Il crocus sativus non si trova spontaneo in natura, ma è specie selezionata da centinaia di anni per ricavarne la spezia. Si possono però incontrare nei campi fiori assai simili, come il Crocus vernus e il Crocus albiflorus (5 febbraio 2009), che fioriscono all’inizio della primavera, e il Crocus ligusticus (20 ottobre 2008), il più simile al nobile parente, succedaneo a volte, quasi a buon diritto (ma lo stimma è uno solo).

Ho piantato una ventina di bulbi di zafferano in giardino, alcuni sono ancora troppo piccoli per fiorire, altri fioriranno troppo velocemente per poterli raccogliere, a qualcuno forse riuscirò a strappare i preziosi stimmi, raccoglierli con cura, asciugarli a una moderata fonte di calore, e conservarli per un risotto.

Gaultheria

Gaultheria procumbens

Gaultheria procumbens

Siamo ormai nella stagione delle bacche e, seppure i fiori non siamo proprio del tutto scomparsi, sono loro a guadagnare la prima fila
Ho visto per la prima volta questa pianticella americana su un banco di fiori di un mercato rionale, in un microscopico vasetto di plastica, di quelli fatti apposta per costringere le radici, e l’aspetto esattamente come nella foto. Chiedo il suo nome, che non era indicato, e la venditrice mi guarda smarrita.
“E’ una pianta che fa delle bacche rosse”, mi spiega.
Per fortuna il suo collega il nome lo conosce e mi ragguaglia anche un po’ sulle sue proprietà. E’ un cespuglietto di piccole dimensioni, rustica e resistente al gelo. Dopo essermi documentata un po’ meglio, apprendo che predilige ombra e mezz’ombra piuttosto che il sole pieno e che è una pianta commestibile, salutare anzi. Si possono consumare i frutti e preparare tisane digestive con le sue foglie. Pare addirittura che contenga salicilati, il principio attivo dell’aspirina.