Perilla frutescens viene chiamata comunemente basilico cinese e del basilico qualcosa deve avere perché il suo nome antico, quello datole da Linneo (basionimo, cioè sinonimo ormai obsoleto) era Ocimum frutescens, cioè proprio lo stesso genere del basilico nostrano che si chiama Ocimum basilicum e deriva dal nome greco dato a questa pianta odorosa, ὤκῐμον. Da dove venga il suo nuovo nome, piccola pera, mi riesce difficile capire. Come molte asiatiche, la perilla sta conoscendo un periodo di grande successo, scelta come ornamentale per il suo fogliame, che è spesso rossastro e frastagliato, ma anche perché è specie commestibile e ricca di ingredienti salutari.
E’ arrivata nel mio giardino quasi per caso, un mazzo di erbette che la signora Mariana (di cui già ho parlato in questo post) mi ha letteralmente messo in mano, e io l’ho sistemata in un vasetto, senza sapere bene che cosa fosse. Caparbia come tutte le piante cinesi (ormai ho imparato a conoscerle), è diventata un cespuglio e ho dovuto trasferirla in terra, in un angoletto di fortuna, dove per tutta la scorsa estate si è contesa spazio e luce con altre varie piante da fiore.
Il tagete e l’impatiens le sono letteralmente cresciuti sopra e lei è rimasta in ombra quasi totale, tanto che non avrei scommesso granché sul suo successo. Però l’estate 2022 è stata talmente calda e siccitosa, che quel posticino nell’ombra umida è stato per lei una grande fortuna. L’indomabile perilla è cresciuta, fiorita e ha inseminato l’aiuola per benino. Magari crescesse così il basilico nostrano!
Ho recuperato i microscopici semi, anche se in realtà non era veramente necessario per mantenerla, dato che ci aveva già pensato da sola ed è rispuntata, impudente, dov’era l’anno scorso. Quella nata dai semi raccolti, l’ho sistemata fra l’erba aglina e la rosa banksiae e sole ne ha preso decisamente di più, crescendo un cespuglio folto, ricco di fiori rosa. Insomma è diventata proprio frutescens, che significa dal portamento arbustivo. Le foglie non si sono mai colorate di rosso scuro come nelle varietà più ornamentali, ma sono larghe e verde, con i bordi rossicci. Confesso che per ora non l’ho ancora assaggiata.
Quest’erba è ampiamente utilizzata nella cucina giapponese, dove si chiama egoma, e può certamente arricchire le nostre insalate di quel gusto orientale che stimola l’appetito. Un altro dei suoi nomi asiatici è shiso, che distingue tuttavia la varietà crispa con foglie decisamente rosse. Molte pagine si dilungano sulle sue virtù quasi miracolose, definendola per esempio ‘la pianta che allunga la vita di dieci anni’. Naturalmente tutto questo è divertente, ma forse quest’erbetta non ha bisogno di tutta questa campagna promozionale. Mi pare piuttosto spavalda e certamente baderà anche troppo bene a se stessa e alla sua diffusione.